L’INSETTO FA DAVVERO IL SALTO DI QUALITA’ NEI NOSTRI PIATTI?

L’INSETTO FA DAVVERO IL SALTO DI QUALITA’ NEI NOSTRI PIATTI?

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frittura di grilli
 
L’8 dicembre 2022 l’autorità Europea per la Sicurezza Alimentare ha valutato che il consumo dell’insetto nelle modalità richieste dalla compagnia richiedente l’autorizzazione è sicuro La Commissione Europea dopo questa valutazione ha autorizzato la commercializzazione dell’Acheta Domesticus, ossia il grillo domestico come “nuovo alimento” nei paesi della UE. Sino ad oggi questi insetti erano commercializzati per l’alimentazione di alcune specie animali insettivore o mammiferi che si nutrono anche di insetti a prezzi elevati, giustificati dagli ingenti costi d’allevamento.
Questi insetti si riproducono ad alte temperature (25/30 gradi); servono substrati costosissimi in quanto le popolazioni sono numerose all’interno della stessa vasca (si parla di migliaia di esemplari che mangiano e defecano continuamente); parliamo di insetti cannibali che si mangiano tra di loro lasciando sul fondo, oltre ad una polvere impalpabile (le feci), resti dei propri simili; insetti che se non puliti continuamente muoiono in massa. Difficile quindi pensare che parte di questi scarti non finiscano nei prodotti finali. Tali scarti potrebbero essere ridotti tenendo gli insetti digiuni per giorni prima di essere resi farina commestibile con una sofferenza atroce: parliamo comunque di esseri viventi.
Il metodo più sicuro e semplice per abbattere le contaminazioni batteriche è quello di utilizzare antibiotici, gli stessi contestati negli allevamenti tradizionali, con il rischio di assumerli mangiando verdura pur non assumendo insetti.
Il problema maggiore è dovuto alla possibilità di fughe di virus e batteri da questi allevamenti in quanto nelle feci di grillo sono state trovate decine di specie di batteri e virus che in grandi quantità, complici anche le temperature elevate di allevamento, potrebbero causare contaminazioni ambientali con notevoli pericoli per l’uomo e le altre specie animali. La speranza è che davvero si riesca a non farli entrare nel ciclo produttivo e quindi in quello alimentare ma ciò appare molto difficile specie in allevamenti intensivi.
Il costo della farina di grillo si aggira intorno ai 70 euro il kg. contro i soli 2 euro della farina di cereali, di gran lunga superiore a tanti altri prodotti tradizionali, questo proprio per gli elevati costi di produzione.
Attualmente l’autorizzazione è stata data ad una compagnia vietnamita che detiene quindi il monopolio produttivo. In questo paese, tuttavia, non vigono normative equivalenti a quelle Europee in materia di sicurezza alimentare.
Si parla di ‘’elevato contenuto proteico’’ proposto come un valore aggiunto alla nostra alimentazione: abbiamo davvero bisogno di un surplus proteico? Ammettendo che un’assunzione maggiore possa apportare benefici, come possiamo stabilire che lo sia per tutti e per tutte le età? Come possiamo calcolare quante proteine di questo tipo andremo ad assumere? L’assunzione quotidiana e prolungata quali effetti collaterali potrebbe comportare?
Il problema delle reazioni allergiche è un punto fondamentale che dovrebbe farci temere per queste nuove disposizioni che di fatto vanno ad alterare degli equilibri (microbiota/microbioma) tramandati e mantenuti per generazioni e generazioni. Non è da sottovalutare l’impatto psicologico che queste scelte avranno sui soggetti allergici e sulle loro famiglie che vivranno nella paura di aver ulteriori problemi ed essere messi in condizione di dover diventare schiavi delle etichette (indicanti per altro nomi scritti in latino difficilmente identificabili o sigle incomprensibili).
Dicono di aver preso esempio da paesi che già utilizzano gli insetti come fonte alimentare ma salta subito ad un occhio attento che si tratta di Paesi con un’aspettativa di vita di almeno vent’anni in meno della nostra. Non sarà solo colpa degli insetti ma non si può escludere una loro coinvolgimento.
Per avere gli insetti a tavola avremo un consumo enorme di energia, una grande quantità di Co2 riversata nell’ambiente (non si può dire che allevando insetti su larga scala si inquinerà di meno), si acutizzerà il problema dell’antibiotico-resistenza per poter far fronte ai problemi sanitari sopra elencati, verranno soppressi milioni di insetti a fronte di un minor numero di animali, assisteremo al fallimento di migliaia di piccole e medie aziende italiane dedite all’allevamento ed all’agricoltura tradizionali in favore di poche compagnie straniere che non saranno sotto il nostro controllo sanitario. Come si può quindi definire ‘’più sostenibile’’ questo Novel Food?
Siamo quindi disposti a sacrificare la nostra tradizione, la cucina Italiana famosa in tutto il mondo ed il nostro modo di mangiare, di vivere, di essere per un ipotetico più ecologico modo di nutrirci? Ci viene detto che sia necessario per favorire l’alimentazione nei Paesi del terzo mondo… a 70 euro al Kg?
Ancora una volta non ci è stato chiesto nulla, ci è stato imposto.
Di
Marina Brusadelli – Psicologa Clinica

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